Il Parco del Giovetto

Perché una riserva naturale

La Riserva Naturale Regionale "Boschi del Giovetto di Paline" nasce ufficialmente il 30 novembre 1983 (L.R. 30/11/83 n. 86, istitutiva di buona parte delle aree protette della Regione Lombardia), ma l'interesse per questi boschi e soprattutto per i consistenti popolamenti di formica rufa che li caratterizzano, risale a molti anni prima.

È nel 1949, infatti, che in Italia vengono avviate le prime ricerche sulle formiche dei boschi, o formiche rufe, e sulle loro relazioni con l'ecosistema-bosco, in senso vantaggioso per quest'ultimo; obiettivo di tali ricerche era dare un'adeguata impostazione scientifica a una serie di conoscenze in materia che avevano radici molto lontane nel tempo, ma carattere puramente empirico. L'interesse fu rivolto subito ai popolamenti presenti nella zona del Giovetto, nei comuni sia di Azzone (Bg) che di Borno (Bs), popolamenti particolarmente significativi per la loro consistenza, numerosità e omogeneità.

I molteplici studi condotti dal Prof. Pavan, direttore dell'Istituto di Entomologia dell'Università di Pavia, sull'utilità di tali insetti, portano a dichiarare nel 1980 i boschi del Giovetto di Paline "Biotopo", ai sensi della L.R. 27 luglio 1977 n. 33, e qualche anno dopo alla creazione di una Riserva Natuale Regionale, con analoga perimetrazione.

Tale riserva, classificata come "parziale biogenetica" e gestita dall'Azienda Regionale Foreste, persegue le seguenti finalità:

  • salvaguardare i popolamenti naturali di formiche del gruppo Formica rufa;
  • adottare metodi di utilizzazione dei boschi e dei pascoli finalizzati al raggiungimento della massima complessità e stabilità ambientali;

Il territorio della Riserva

La Riserva si estende su un'ampia porzione di territorio montano (circa 648 ettari), posta a cavallo del costone che con direzione E/W scende dalla corna di S. Fermo (2329 m) fino ai 1273 del passo del Giovetto. Tale costone è la linea naturale di confine fra la provincia di Bergamo e la provincia di Brescia e tra il territorio comunale di Borno e quello di Azzone.

Il versante bresciano è esposto prevalentemente a sud (versante solivo), con quote comprese fra i 1100 m e i 1950 m. La morfologia dell'area si presenta per gran parte del territorio con forme arrotondate e pendii poco acclivi, in relazione alla natura della roccia madre; nel territorio della riserva infatti le rocce prevalenti sono argillo-marnose, rocce di color bruno-nerastro facilmente erodibili dagli agenti atmosferici per la loro struttura tipicamente fogliettata. Alcuni affioramenti di rocce calcareo-marnose, più compatte e meno degradabili delle precedenti, sono riscontrabili in alta Val Giogna e lungo il versante sud del Costone, dove danno origine a pendii più ripidi.

Anche l'azione dei ghiacciai quaternari ha contribuito a modellare il territorio della riserva: la Val Giogna ad esempio, che segna il confine scalvino della riserva, è una valleta secondaria di origine glaciale che si collega alla Val di Scalve mediante un brusco e ripido cambio di pendenza del suo alveo.

Tale assetto prende il nome di "valle glaciale sospesa" ed è spiegabile col fatto che lungo la Val di Scalve l'erosione glaciale ha determinato un abbassamento de suo alveo maggiore rispetto alle valli secondarie come la Val Giogna, per cui al ritiro glaciale quest'ultima si è trovata appunto sospesa e costretta, nel punto di confluenza, a imporre alle proprie acque il salto di una cascata.

La copertura vegetazionale

Il territorio della riserva è per l'82% circa ricoperto da boschi, per la maggior parte di proprietà comunale (Borno, Azzone, Colere, Vilminore e Schilpario) e in minima parte (58 ettari) di proprietà privata.

L'assoluto e incontrastato dominatore di questi boschi è l'abete rosso, o peccio, localmente chiamato pagher, tipica conifera dei climi temperato-freddi, che in Italia troviamo allo stato spontaneo sulle Alpi e sull'Appennino solo nella zona dell'Abetone. I boschi di abete rosso, o peccete, si estendono dal limite inferiore della Riserva fino ai 1800 m circa, e pur apparendo omogenei per la costante presenza di tale specie, manifestano fisionomie e caratteristiche ben distinte in funzione delle variazioni di altitudine, esposizione e tipo di suolo, oltre che degli interventi di taglio che si sono succeduti nei secoli.

Sul versante scalvino, l'abete rosso, dal limite inferiore della riserva fino a 1250-1350 m, si associa in prevalenza all'abete bianco e più raramente al faggio, al frassino maggiore e all'acero di monte, che appaiono a livello di sottobosco. L'esposizione di questo versante, infatti, appare particolarmente favorevole a una specie come l'abete bianco, estremamente esigente in termini di umidità atmosferica e freschezza di suolo. In alcuni settori di questi popolamenti la vegetazione occupa lo spazio verticale a più livelli, creando un ecosistema forestale dinamico e articolato.

Dove il bosco è meno denso o si apre in radure, le giovani piante (rinnovazione) trovano spazio per svilupparsi e assicurare il perpetuarsi naturale della foresta nel tempo; accanto a questi gruppi di novellame grosse piante adulte, a volte alte anche 25-28 m, segnano il massimo sviluppo in altezza della volta vegetale. Dove maggiore è l'irraggiamento solare e il terreno è meno ricco d'acqua (versante bornese), l'abete rosso forma boschi puri spesso molto fitti, che solo al margine dei sentieri o dei prati lasciano spazio alla rinnovazione o ad alcune latifoglie, come il nocciolo, il faggio e l'acero di monte. Le chiome degli alberi, in genere tutti della stessa età, formano una copertura pressochè continua e tale da impedire ai raggi solari di giungere al suolo, che appare ricoperto da uno strato di aghi indecomposti, che rendono difficile lo sviluppo del sottobosco.

Dai 1450-1550 m fino al limite della vegetazione arborea (1750-1800 m) la pecceta, in risposta a fattori climatici più rigidi, tende ad aprirsi, diradandosi o formando gruppi di alberi intercalati a radure. In questo tipo di pecceta, detta pecceta subalpina, alle quote più elevate l'abete rosso cede gradualmente il posto al larice, conifera capace di spingersi anche oltre i 2000 m di quota.

Praterie e cespuglieti caratterizzano la restante copertura vegetazionale.

I cespuglieti, formati da arbusti come l'ontano verde ed i rododendri, si sviluppano soprattutto lungo gli impluvi più ripidi della Val Giogna e nella zona marginale del pascolo del Costone. Le praterie, comprendenti pascoli, prati-pascoli e praterie secondarie incolte, hanno tutte origine dall'eliminazione del bosco da parte dell'uomo, per dare maggiori spazi al pascolo. I pascoli sono presenti in prossimità delle malghe Creisa e Paiano, in comune di Borno e di malga Costone sul verante scalvino, malghe che tuttora vengono abitate, nella stagione estiva, con bestiame ovino e bovino. Le praterie secondarie incolte occupano invece le zone più ripide verso la sorgente Cerovine, mentre i prati-pascoli sono presenti su piccole superfici al limite inferiore della Riserva.

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Ultimo aggiornamento
14 settembre 2022