Il territorio della riserva è per l'82% circa ricoperto da boschi, per la maggior parte di proprietà comunale (Borno, Azzone, Colere, Vilminore e Schilpario) e in minima parte (58 ettari) di proprietà privata.
L'assoluto e incontrastato dominatore di questi boschi è l'abete rosso, o peccio, localmente chiamato pagher, tipica conifera dei climi temperato-freddi, che in Italia troviamo allo stato spontaneo sulle Alpi e sull'Appennino solo nella zona dell'Abetone. I boschi di abete rosso, o peccete, si estendono dal limite inferiore della Riserva fino ai 1800 m circa, e pur apparendo omogenei per la costante presenza di tale specie, manifestano fisionomie e caratteristiche ben distinte in funzione delle variazioni di altitudine, esposizione e tipo di suolo, oltre che degli interventi di taglio che si sono succeduti nei secoli.
Sul versante scalvino, l'abete rosso, dal limite inferiore della riserva fino a 1250-1350 m, si associa in prevalenza all'abete bianco e più raramente al faggio, al frassino maggiore e all'acero di monte, che appaiono a livello di sottobosco. L'esposizione di questo versante, infatti, appare particolarmente favorevole a una specie come l'abete bianco, estremamente esigente in termini di umidità atmosferica e freschezza di suolo. In alcuni settori di questi popolamenti la vegetazione occupa lo spazio verticale a più livelli, creando un ecosistema forestale dinamico e articolato.
Dove il bosco è meno denso o si apre in radure, le giovani piante (rinnovazione) trovano spazio per svilupparsi e assicurare il perpetuarsi naturale della foresta nel tempo; accanto a questi gruppi di novellame grosse piante adulte, a volte alte anche 25-28 m, segnano il massimo sviluppo in altezza della volta vegetale. Dove maggiore è l'irraggiamento solare e il terreno è meno ricco d'acqua (versante bornese), l'abete rosso forma boschi puri spesso molto fitti, che solo al margine dei sentieri o dei prati lasciano spazio alla rinnovazione o ad alcune latifoglie, come il nocciolo, il faggio e l'acero di monte. Le chiome degli alberi, in genere tutti della stessa età, formano una copertura pressochè continua e tale da impedire ai raggi solari di giungere al suolo, che appare ricoperto da uno strato di aghi indecomposti, che rendono difficile lo sviluppo del sottobosco.
Dai 1450-1550 m fino al limite della vegetazione arborea (1750-1800 m) la pecceta, in risposta a fattori climatici più rigidi, tende ad aprirsi, diradandosi o formando gruppi di alberi intercalati a radure. In questo tipo di pecceta, detta pecceta subalpina, alle quote più elevate l'abete rosso cede gradualmente il posto al larice, conifera capace di spingersi anche oltre i 2000 m di quota.
Praterie e cespuglieti caratterizzano la restante copertura vegetazionale.
I cespuglieti, formati da arbusti come l'ontano verde ed i rododendri, si sviluppano soprattutto lungo gli impluvi più ripidi della Val Giogna e nella zona marginale del pascolo del Costone. Le praterie, comprendenti pascoli, prati-pascoli e praterie secondarie incolte, hanno tutte origine dall'eliminazione del bosco da parte dell'uomo, per dare maggiori spazi al pascolo. I pascoli sono presenti in prossimità delle malghe Creisa e Paiano, in comune di Borno e di malga Costone sul verante scalvino, malghe che tuttora vengono abitate, nella stagione estiva, con bestiame ovino e bovino. Le praterie secondarie incolte occupano invece le zone più ripide verso la sorgente Cerovine, mentre i prati-pascoli sono presenti su piccole superfici al limite inferiore della Riserva.